domenica 13 aprile 2008

31 marzo 2008 La 2°D in cerca di tracce








La seconda uscita per le seconde della primaria di Agrate Brianza vede sul campo solo la 2°D, la A è purtroppo assente. Al solito gli alunni, capitanati dalle maestre Mirella e Federica, sono motivati e attivi, pronti a mettere le mani nella terra e nell’acqua. Oggi però la Vasca rimane lontana, a fare da sfondo alla nostra escursione. Ebbene sì, Vasca Volano non significa solo uno specchio d’acqua, ma anche alcune aree verdi: campi, ritagli – o, più propriamente, rimasugli – di siepi e alberature, qualche incolto, un vivaio di alberi. È proprio verso il vivaio che dirigiamo i nostri passi. Tra gli obbiettivi, capire quali tipi di piante (e di animali) abitano questa parte di Agrate.

Un tombino attira la nostra attenzione; si sente il rumore dell’acqua dal fondo: qui passa la conduttura della fognatura, con buona probabilità visto l’odore. Ricordiamolo: la Volano nasce pur sempre come bacino di raccolta del troppo pieno della fognatura. Qui intorno ci sono alcune piante selvatiche o pseudotali. Alcuni pioppi si distinguono per le foglie a triangolo: si stanno aprendo in questi giorni, ma il loro profilo è ben visibile. Il vivaio, va da sé, è luogo artificiale; per dirla in ecologese, un vivaio è in realtà la morte della natura: domina la regolarità e regnano le linee rette, laddove il Pianeta vorrebbe disegni curvilinei e l’intersecarsi irregolare di spazi ed elementi. Le essenze piantumate sono in gran parte esotiche o, comunque, non spontanee. Dall’altra parte, però, in un’area a forte urbanizzazione come la nostra è qui che si annida qualche spizzico di naturalità, magari tra un filare di pini e una prosa a cipressi. È in questi piccoli spazi che troviamo qualche erba spontanea, è in queste strisce di terreno che si muovono anche interessanti animali selvatici.
Basta cercare: le sorprese non mancheranno.

Lungo lo sterrato ci sono 2-3 piante che attirano la nostra attenzione. Un sambuco è riconoscibile per un carattere peculiare; provate a piegare un ramo in modo delicato: non si spezzerà, ma si piegherà, grazie alla sua struttura elastica. C’è anche un ciliegio, riconoscibile per le foglie raccolte a grappoli, se si può far passare il termine.

Sullo sterrato cammina uno scarabeo. Con buona probabilità si tratta di uno stercorario; questi animali sono ben noti per la loro abitudine: si nutrono di feci, che raccolgono (per conservarlo o per deporvi le uova) facendone caratteristiche pallottole e facendole rotolare sul suolo. Esistono più specie di scarabeo stercorario.
A terra notiamo anche frammenti di insetti, mangiati con buona probabilità dalle cornacchie.

Esploriamo il vivaio, proviamo a identificare qualche pianta. Le conifere occupano un posto di rilievo; troviamo dei pini esotici. Vai a sapere il nome; le invero limitate conoscenze di botanica del sottoscritto si fermano alle nostre latitudini, le piante esotiche non mi interessano in modo particolare, anzi per niente. In ogni caso, riconoscere un pino non è particolarmente difficile. Gli aghi sono lunghi e raccolti a ciuffi. Gli esemplari coltivati qui hanno ciuffi composti da due aghi. Poco lontano sono stati messi a dimora un paio di filari molto ravvicinati di cipressi. I rami hanno una forma familiare, sembrano mani con tante dita: impossibile confonderli.


La parte principale del vivaio è costituita da querce rosse. La specie è di origine americana: è amata da giardinieri e vivaisti per la sua robustezza e facilità di attecchimento. Chi si occupa di ecologia delle foreste gradisce un po’ meno: la quercia rossa, quando invade il bosco, tende a prevalere e ad allontanare le nostre essenze. Risultato: bosco e sottobosco si impoveriscono molto; soprattutto, la quercia americana rischia di divenire a poco a poco l’unica specie di albero presente. Problematiche di questo tipo rappresentano un problema in diverse aree verdi, Parco di Monza in primis.


Una bella fascia ad agrifoglio attira la nostra attenzione. “Che belle piante!”, il commento è quasi corale. Le bacche rosse attirano i bambini: occhio, però, sono velenose. Tra le foglie dell’agrifoglio si insediano i ragni; è un ottimo sito per costruire la ragnatela: condizioni stabili e presenza di ripari, e poca visibilità per le potenziali prede.

Un altro settore è occupato dagli aceri esotici; sono quelle piante basse, dalla chioma rossa a cascata che occupano spesso e volentieri angoli di giardini.


Ma il cuore della passeggiata è l’area piantumata a quercia rossa. Questa parte nasconde qualche piccolo segreto. E qui si deve fare una premessa. Durante le uscite per censire i notturni (vedi altri articoli del blog) è stata rilevata la presenza dell’allocco proprio qui, tra le querce del vivaio. L’allocco è un rapace notturno, una sorta di civetta più grossa. È un curioso trovarlo qui: questa specie gradisce i boschi con piante vecchie, nelle quali poter trovare cavità per nidificare; un vivaio non sembra certo ambiente ideale per il rapace notturno. Va detto che riesce anche ad adattarsi a giardini e piccole chiazze di bosco: questi ecosistemi tuttavia non sono particolarmente diffusi in questa zona. Dove potrebbe nidificare? In qualche edificio vecchio, in qualche sottotetto? Potrebbe essere un’ipotesi: indagheremo. In ogni caso, per il nostro non mancano le prede qui al vivaio; notiamo nel terreno diverse tane di topi selvatici (arvicole e affini). Eccone una nella foto.

Ci addentriamo nella piantagione di querce, e lancio un’attività di ricerca molto particolare: perlustriamo il terreno per individuare tracce di animali. L’obbiettivo, in particolare, è trovare le borre dell’allocco. Come spiegato in altro articolo del blog, le borre sono pallottole rigettate da molte specie di uccelli – rapaci in modo particolare, ma non esclusivamente – al termine della digestione. Contengono ciò che l’animale non può assimilare: penne, peli, piume, ossa..ecc… Queste parti indigeribili finiscono nello stomaco dell’animale perché la preda o sue parti vengono ingoiate per intero, separare le parti buone è impresa difficile per chi non ha denti e zampe adeguati. Le borre suscitano, ma sa diss, sentimenti contrastanti: affascinano gli appassionati, in non pochi ne facciamo oggetto da collezione, ma suscitano una sorta di ribrezzo in tante persone. Mi piacerebbe trovarne una di allocco qui alla Volano. Nei miei cassetti non mancano, va da sé, borre di allocco, ma nessuna proviene da qui. Una borra dalla Volano: vuoi mettere… Un’uscita con gli alunni diventa una buona occasione per cercare i preziosi reperti, utilizzando fanciulli più o meno ignari; siamo, insomma, a metà tra la didattica e lo sfruttamento di minorenni.

Qualche reperto interessante salta fuori. Una ooteca di mantide religiosa: l’insetto, al momento della deposizione, emette una sostanza schiumosa dentro la quale rimarranno nascoste le uova. La sostanza spugnosa si secca e diviene consistente, assicurando protezione alle uova.













In questo sito si trovano belle foto di oooteche http://www.mauriziobonora.com/ITALIANO/photos/Insetti/Mantide%20religiosa/slides/Ooteca%20di%20mantide%20religiosa%20(Mantis%20religiosa)%2001.html

La mantide religiosa è animale molto affascinante, qui trovate alcune notizie:
http://www.acremar.it/Articoli/Mantide%20religiosa/Mantide%20religiosa.html

Mi è capitato di osservare un adulto qui sui prati della Volano lo scorso anno.

Rinveniamo anche una borra, un po’ disfatta; è di cornacchia, riconoscibile per l’aspetto allungato e per il contenuto: è composta da pezzi di insetti, situazione tipica per questa specie. Sarebbe carino trovarne una intera.

Un ragno zampetta nell’erba con una pallina attaccata: è un sacchetto contenente le uova. Un curculionide incrocia la nostra strada; i curculionidi sono coleotteri dalla inconfondibile proboscide.


E la borra di allocco? Arriverà? Mai disperare. Mi viene in mente il Marco P., Guardia Ecologica Volontaria (GEV) del Parco Valle del Lambro. Anni fa – anche lui come me muoveva i primi passi nel mondo dei rapaci notturni – si trovava al Parco di Monza con altre GEV. L’obbiettivo era trovare delle borre; per Marco sarebbe stata la prima. L’agognato reperto non arrivava. “Non me ne vado di qui se non trovo una borra”, furono le parole della GEV. Miracolo, o come volete chiamarlo, apparve ai suoi piedi una bella pallottola.

L’uscita volge al termine e non manca il lieto fine; vicino ai resti di un albero, ecco una borra, perfetta, da manuale, di allocco.





Saluto bambini e maestre e faccio un breve sopralluogo in giro. Proprio dove eravamo poco fa, tra conifere esotiche e cipressi, ecco una borra di cornacchia, questa volta perfettamente conservata.
Posso andare soddisfatto, non senza registrare la presenza di un gruppo di taccole. Ieri Gaetano Nava ne aveva segnalato la presenza qui (vedi articolo), per me è la prima osservazione alla Volano.
Questa foto mostra invece un frammento della borra di cornacchia disfatta: è ben riconoscibile una zampa di insetto.

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